Forse valeva la pena perdere la serata da diciottenni coi ragazzi della Radio, e forse anche saltare la cena importante in camicia azzurra, per vedere (grazie al buon Giovanni Unhip Gandolfi) Lou Reed e Laurie Anderson dal vivo ieri sera a Ferrara.
Il nuovo spettacolo è un elaborato reading che comprende alcuni brani nuovi e alcuni testi ispirati a Poe, testi che sono stati in parte cantati in inglese (e c'era lo schermo dei sottotitoli, come al cinema) e in parte recitati in un sorprendente italiano da Laurie.

Sul ricchissimo (anche d'entusiasmo) sito italiano dedicato a Lou Reed c'è una quantità di materiale sull'evento, recensioni delle varie date, nonché i testi dello spettacolo.

Per quanto mi riguarda, difficilmente scorderò la pelle d'oca all'attacco del bis, quando i due rientrati sul palco hanno suonato l'inedita Who am I. Perché farà piacere ascoltare il sessantenne leader dei Velvet Underground leggere con rabbia e passione, accompagnare con grazia la voce calda della Anderson, sorridere in maglietta bianca con manica tagliata da cattivo giovanotto.
Ma sentirlo modulare la voce sopra una chitarra distorta, nell'aria umida che schiacciava l'affollatissima Piazza del Castello, può regalare ancora sensazioni fantastiche, e ispirare la fiducia che la storia del rock ci possa condurre da qualche parte. Dalle parti del mito, direi.

Per la cronaca, ai due è stato da poco assegnato il Premio Grinzane Poesia.

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