Jackpunk

Enrico Brizzi - Jack Frusciante è uscito dal gruppo (una maestosa storia d'amore e di «rock parrocchiale»)

Vent’anni fa, a una mezza vita da qui, mi regalarono Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Lo lessi in fretta, ricordo che era un settembre non molto felice e fu una prima lettura da affamato, direi agitata. Chiusa l’ultima pagina, uscii di corsa e presi la bicicletta. All’epoca avevo una graziella rosa con un cestino enorme che faceva ridere tutti e che si rivelò uno tra i meno pratici mezzi di locomozione. Fu una faticaccia risalire Via Lame, passare per Piazza Maggiore, schivare i pedoni lungo Via D’Azeglio, uscire da Porta San Mamolo e affrontare in piedi su quei pedali sbagliati la salita verso la collina, seguendo le curve descritte nel romanzo. Ma fu un gesto istintivo, immediato e necessario. A quel punto, con la schiena sudata e il fiato corto, appoggiare il piede per terra e trovarsi davanti per davvero il muro con il graffito AIDI non faceva più differenza. La scrittura di Enrico Brizzi aveva dato forma a quel momento, e io invece, con quel mio orizzonte di pensieri sempre molto ristretto, continuavo a domandarmi come doveva essere avere realizzato il sogno di scrivere un libro (era il Novecento: quei sogni usavano ancora). Mentre le Vespe passavano scendendo verso Bologna e un vento allegro muoveva le foglie degli alberi, la fine del pomeriggio annunciava una serata fresca. Avrei voluto tirare fuori Jack Frusciante dal cestino e leggere ad alta voce qualche riga solenne, a celebrare quell’adolescenza. Invece tornai verso casa ripensando al modo in cui mi piaceva il ritmo di certe parole che Brizzi si ingegnava a incastrare nel meccanismo delle sue pagine: “maestoso”, “vecchio”, “ghignare”... Oppure quel suo togliere la conclusione di certe frasi, sottrarre i verbi per creare un’intesa più stretta. Ma chi era questo tizio della mia età, in quella stessa città, che sapeva così tante cose di me e faceva quel che avrei voluto fare io? Domande ingenue, lo so, ma la puntualità di quel romanzo, in quella precisa stagione, mi aveva spiazzato. E credo di non essere stato il solo a sentirsi così.
Mi trovai poi a festeggiare il decennale di Jack Frusciante mettendo dischi ai Giardini del Baraccano. Il reading, Wu Ming 2, Federico Fiumani, i Frida X, la playlist con le canzoni citate nel libro e tutto il resto. C’erano già i blog, polaroid alla radio e molte cose dagli anni dei Giovani Scrittori erano cambiate. Però l’eco di quella sorpresa di settembre non si era attenuata. Un paio di volte mi era anche capitato di parlargli, al Brizzi, e mi era sembrato un vero régaz. Per cui ieri sera abbiamo preso la bici e pedalato fino al Locomotiv Club: bisognava brindare al maestoso 1994, ascoltare un po’ di vecchie chitarre e ghignare ad Alex, a una mezza vita da qui.

(mp3) Frida Frenner - Jackpunk

Commenti

er matriciana ha detto…
bel post, generazionale come il libro.
il film visto ora è orrendo, chissà il libro.